La recente crisi globale ha evidenziato la correlazione fra ambiente costruito e gli effetti perversi della speculazione. Tale correlazione trova le sue ragioni profonde nella diffusione di un sistema biopolitico totalizzante: la razionalità neoliberista dei primi anni Settanta. In quel contesto venne a degradarsi il modello economico, politico, culturale e sociale dei “trenta gloriosi” a cui il modernismo aveva fornito la configurazione spaziale. Tuttavia, le contraddizioni di un sistema ecumenico erano già sfociate in opposizioni critiche provenienti da varie discipline, tra cui quella architettonica dove le reazioni ai dogmi modernisti sembrarono confluire nella tragica parabola tafuriana. La crisi recente ha impostato la condizione professionale nel divario fra i grandi studi internazionali e una miriade di piccoli professionisti in “regime di sopravvivenza”. L’affermazione di nuovi o riesumati approcci progettuali, come il contenimento creativo dei costi e delle risorse, è accolta come una salutare alternativa alle logiche dominanti, mentre competitività al massimo ribasso e sfruttamento imposto dall’ottimizzazione degli utili sono le loro più efficienti tattiche operative