Quali ragioni ha la forma dell’architettura? In che modo l’architetto sceglie il proprio linguaggio? Esiste un momento precedente al progetto in cui egli, solo con i suoi disegni, è libero di riflettere sui propri metodi compositivi? Attraverso cinque esperienze italiane fra il 1964 e il 1973 – La Pietra, Purini, Archizoom, Superstudio, Studio Labirinto – questo libro racconta come alcuni architetti abbiano costruito un proprio sistema linguistico, collocandolo tra espressioni culturali quali, ad esempio, la Minimal art, l’Arte cinetica, la pittura di Klee, Capogrossi, Novelli, Perilli, la poesia del Gruppo 63, la linguistica di Saussure, Hjelmslev, Chomsky. Nel “progetto di linguaggio” viene tratteggiata una possibile via di fuga teorica e operativa da ogni tendenza omologante e dogmatica, in nome di un’effettiva autonomia di pensiero e d’invenzione in architettura e, più latamente, nelle arti.