Nel gran discutere di “paesaggio”, di “tutela del paesaggio”, di paesaggio come “bene comune”, si avverte un rischio di eterogenesi dei fini, si creano, cioè, le premesse per ridurre questi discorsi a semplici retoriche che lasciano in fondo mano libera al saccheggio e alla distruzione dell’ambiente. Questa situazione dipende da un dato essenziale: il “paesaggio” non è una “cosa”, piuttosto è un “modo di vedere le cose”. Dunque non può essere semplicemente tutelato, come si trattasse di una rendita, dato che la reificazione del paesaggio ne determina l’immediato assorbimento nel circuito di valorizzazione privata. La prima intenzione di questo volume è essenzialmente “politica”, connotato da uno sforzo teorico, un approccio largo, che rimette in discussione i termini stessi della questione. Il volume si avvale dei saggi di Marco Assennato e Anna Longo e di un piccolo apparato iconografico: “immagini di paesaggi” di un’artista, un cineasta, un designer, un architetto, un musicista ecc.