Per giorni Vladimir Spacek ha vissuto in una casa progettata da Livio Vacchini. Per giorni ha inseguito con la macchina fotografica la sua luce, sbalordito dal modo in cui lo spazio può farsi materia e dalla potenza espressa dalla semplicità fatta di regole. Catturato dal conflitto, ma anche dalla complicità che può nascere nell’architettura, tra natura e artificio, Spacek ha intuito magistralmente il significato di un’architettura realizzata come una “macchina-pensiero”. Qual è la differenza tra la machine à penser abitata da Spacek e la machine à habiter teorizzata da Le Corbusier?